Posizioni di tiro con l’arma lunga

Il tiro con l’arma lunga generalmente avviene da bancone, con fucile in appoggio sui rest anteriore e posteriore oppure, in alternativa, in appoggio su zaino.

I rest debbono essere posizionati al centro del bancone, con il sacchetto posteriore vicino al margine del bancone, indicativamente a 10 centimetri dalla fine dello stesso.

Il supporto anteriore (regolabile) sarà posizionato il più avanti possibile, lasciando un margine di circa 5-6 cm tra la parte anteriore del reste la fine della astina. Questo poiché maggiore è la distanza tra i due supporti maggiore è la stabilità.

La posizione del corpo generalmente non deve essere laterale rispetto all’arma ma quanto più possibile in asse con la stessa. Più il tiratore è fermo più è stabile l’arma: ciò facilita la mira e lo scatto.

La posizione dello sgabello non deve essere troppo bassa, ma permettere di avere il viso o meglio l’asse oculare in linea con gli organi di mira senza forzature.

La distanza dell’occhio dagli organi di mira (ottiche) deve essere di circa 7-8 cm. Troppo vicino si corre il rischio di entrare in contatto con l’ottica nel momento di rinculo con evidenti danni fisici. Troppo lontano si rischia di avere delle aberrazioni.

L’asse ottico tra iride ed interasse dell’ottica deve essere perfetto, scostamenti laterali oppure verticali provocano aberrazioni, riscontrabili nella presenza di zone di ombra sul diametro dell’oculare

Nel tiro con arma di calibro limitato 22LR – 222Rem – 223Rem – 6PPC ecc. è possibile impugnare l’arma con la sola mano forte sul calcio/guardia grilletto e l’altra al di sotto del calcio in appoggio sul sacchetto posteriore, in quanto il rinculo è limitato e, se l’arma è posizionata correttamente, il movimento retrogrado è lineare.

Per calibri maggiori è consigliabile un appoggio forte della mano debole sull’astina al limite del rest anteriore (per contrastare l’impennamento dell’arma).

Mirare vuol dire saper riconoscere quando il mirino è perfettamente concentrico al bersaglio, in modo da sfruttare il momento migliore per scattare. Occhi e cervello lavorano insieme al massimo delle loro possibilità. La tecnica per l’utilizzo degli strumenti di mira più adeguati e per la loro corretta regolazione facilita molto il compito e va perciò studiata ed allenata.

Per lo “scatto“, che è una operazione molto delicata, vale quanto già detto per l’arma corta: una volta posizionato il dito sul grilletto (ultima falange non metà dito) deve essere applicata una pressione in aumento lineare sino alla partenza del colpo. Lo scatto dipende dalla posizione della mano e del dito, dalla collocazione del grilletto come pure dalla regolazione del meccanismo. Quando tutti gli elementi sono a posto, viene in gioco la coordinazione con la mira e la corretta trasmissione del movimento. Scattare bene richiede una grande concentrazione ed anni di esercizio.

Una forzatura, i cosiddetti strappi, provocano errori che divengono macroscopici con l’aumentare della distanza di tiro.

Approfondimento sul tiro accademico con la carabina

Il tiro con la carabina rappresenta sempre una sfida, sia che si tratti dei primi tiri di un principiante per entrare in confidenza con i principi tecnici di base o dell’ultimo colpo di una finale olimpica. È un centro perfetto o è finito fuori? È proprio l’incertezza fino all’ultimo istante a rendere questo sport così emozionante. La perfezione assoluta non si raggiunge mai, ma talvolta, per contro, capitano anche dei 10 inaspettati. L’essenza del tiro sta proprio in questo dilemma e la motivazione nasce dalla voglia di avere sempre più sotto controllo l’incontrollabile.

Il tiro in piedi con carabina

Un tiratore nella posizione in piedi, la seconda tappa della gara di tre posizioni. Il tiro a segno è una disciplina sportiva che, pur se lasciata spesso nell’ombra dai media, va annoverata fra le più praticate a livello europeo: più di venti milioni di persone tirano al bersaglio.

Il tiro con la carabina può sembrare un gioco da ragazzi. Chiunque ne può capire le regole fondamentali in un’oretta, tuttavia raggiungere la precisione in ogni colpo è un compito complesso, basti pensare al fatto che perfino gli atleti più dotati impiegano di norma circa un decennio per raggiungere il top dell’eccellenza in ambito nazionale o internazionale.

Ciò è dovuto in parte anche alle particolari capacità di coordinazione fisica richieste dalla disciplina. L’arma deve essere sostenuta dal corpo e tenuta ferma sul bersaglio senza forzare il suo stato di quiete con i muscoli. Il centro è talmente piccolo da non essere neanche visibile ad occhio nudo. Infine quello che è richiesto ad un tiratore di precisione è di saper scattare al momento giusto.

Questo esercizio di abilità viene eseguito dalle 40 alle 120 volte nel corso di una gara e richiede perciò una grande capacità di concentrazione, senza contare le difficoltà create dallo stato di stress emotivo tipico della competizione. Fattori ansiogeni come lo scorrere del tempo, le condizioni atmosferiche, la presenza degli altri concorrenti, i pensieri negativi, la stanchezza fisica, l’emozione o le aspettative di risultato sono fonti di disturbo che il tiratore deve trovare il modo di neutralizzare per riuscire a portare serenamente a termine la prestazione.

Il fascino del tiro a segno, come degli altri sport di destrezza, sta proprio in questo: la perfezione sembra essere a portata di mano, ma per un motivo o per l’altro tende a sfuggire. Per questo si è portati ad impegnarsi fisicamente e psichicamente con tutte le forze, tanto da entrare durante il tiro in uno stato quasi ditrance, che prosciuga tutte le energie, lasciandoci alla fine stanchi morti. Il tiro è una delle poche attività sportive che possono essere praticate in tutte le fasce d’età.

Per esprimere al meglio il proprio potenziale in gara, il tiratore deve poter controllare non solo i movimenti, ma soprattutto le proprie condizioni interne. Questo risultato si raggiunge con il controllo della respirazione, delle tensioni muscolari e, dal punto di vista mentale, facendo chiarezza riguardo alle proprie aspettative di risultato: tutti elementi che vanno armonizzati con la situazione contingente.

Il tiro in appoggio con carabina

Nessuna disciplina registra tanti nuovi appassionati come il tiro in appoggio. Sempre più persone iniziano a prendere confidenza con la cosiddetta “quarta posizione”, nella quale il tiro in piedi è facilitato dall’appoggio dell’arma su un apposito treppiede. Il fatto che la carabina sia sostenuta consente rapidi progressi: si raggiungono presto risultati intorno al 280 su 30 colpi. Circa il 10% degli appassionati totalizza punteggi tra il 295 ed il 300, perciò ai fini della classifica e del’assegnazione delle medaglie si tiene conto anche dei decimali.

Nel nord europa si è assistito in questi ultimi anni al boom della disciOlina, che al sud fa invece più fatica ad affermarsi. È tempo perciò di definire e classificare le relative tecniche di base per fornire un filo conduttore ai principianti ed, allo stesso tempo, un argomento di discussione agli specialisti.

A differenza di quanto accade per il tiro a terra, in piedi tradizionale o in ginocchio, in questo settore non sono ancora disponibili dei modelli di riferimento chiari: ognuno tira come gli pare meglio o basandosi sull’esempio dei tiratori del proprio poligono. Le basi teoriche sono molto simili a quelle del tiro ad aria compressa, come descritte in queste pagine. La mira, lo scatto, il controllo finale, l’attrezzatura ed i metodi di allenamento sono paragonabili in quasi tutti i dettagli. Posto che il regolamento di tiro è differente, attenzione particolare meritano invece la calciatura, in particolare la parte anteriore e la base di appoggio, nonchè gli strumenti di mira, perchè è consentito l’uso di lenti nel tunnel e nella diottra. Di ciò si tratterà nelle due pagine successive, ora prendiamo in considerazione la posizione. Come si utilizza al meglio il treppiede, dove ci si posiziona rispetto ad esso e dove passa la direttrice perpendicolare al bersaglio?

Non diversamente che nelle altre posizioni, le tensioni muscolari interne ed i movimenti per imbracciare sono decisivi, se si vuole mantenere l’arma stabile sul bersaglio e centrarlo in maniera “pulita”, non solo d’istinto.

Una particolarità di questa disciplina è l’attenzione che va posta alle limitazioni fisiche dovute allo stato di salute, come dolori alle gambe, alle ginocchia ed alla schiena, contratture nella zona del collo e delle spalle o i molto comuni difetti di vista. Tutti noi siamo soggetti, con l’età, a questi ed altri handicaps, ma ognuno in maniera diversa. La strategia vincente è, in questo caso, riconoscere le proprie difficoltà: lamentarsi serve a poco, molto meglio affrontare i problemi di petto, ad esempio perdendo peso, facendo più movimento o ritrovando la strada dell’ottico di fiducia. L’esperienza insegna che anche dai 50 agli 80 anni è possibile tirar fuori forza, resistenza e mobilità ed il tiro a segno è l’alleato migliore per aumentare la capacità di coordinazione e la concentrazione. Ad ogni buon conto, nella scelta della posizione più appropriata bisogna tener conto delle proprie condizioni fisiche.

Per chi non può tenere il collo girato troppo a lungo è meglio posizionarsi più frontalmente rispetto al bersaglio. Se invece il problema sono i dolori alle gambe, vanno fatte pause più frequenti o eventualmente vanno cambiate le scarpe o i plantari; se gli occhi hanno la tendenza a stancarsi, la cosa migliore è scattare deciso, senza star troppo ad aspettare.

Il tiro a terra con carabina

Il tiro a terra ammette molte variazioni sul tema. Non è possibile in questo contesto sviscerare completamente la materia, quindi ci limiteremo all’osservazione della posizione di Maik Eckart, più volte campione tedesco, europeo ed in due edizioni finalista olimpico, un tiratore di alto livello che ha dimostrato una grande costanza di risultati nell’ultimo ventennio e che utilizza una posizione relativamente “standard”. Ci risparmieremo anche una descrizione troppo dettagliata delle immagini di queste pagine, perchè tutte le domande riguardanti angolazioni, altezze e posizione delle membra trovano facilmente risposta neltosservazione delle foto stesse. Molto più importanti della posizione esteriore sono le tensioni interne: il primo comandamento è mantenere la stessa tensione muscolare per ogni colpo, i muscoli vanno quindi il più possibile rilassati, sempre nello stesso modo. Il problema sta nel sistemarsi, durante i colpi di prova, in modo tale che, evitando tensioni muscolari, l’arma cada da sola sul bersaglio e si abbia tutto il tempo di mirare. Dopo ogni caricamento l’operazione va ripetuta uguale fin nei più piccoli dettagli. La cinghia, la giacca e le regolazioni dell’arma sono responsabili dell’orientamento e della stabilità di tenuta dell’arma. Solo se la giacca veste bene e se la cinghia non tende a scivolare sarà possibile mantenere una posizione stabile e salda nel corso di tutta la gara. La messa a punto della posizione e dei materiali è molto lunga ed impegnativa e dovrebbe avvenire con l’aiuto di un allenatore competente.

A differenza che nel tiro in piedi, dove il senso di equilibrio aiuta a trovare le soluzioni statiche adatte, a terra ed in ginocchio trovare dei fili conduttori non è così facile. La calciatura dell’arma va adattata accuratamente alla corporatura ed alla posizione: lo scopo è di consentire a corpo e arma di formare un’unità, per poter comodamente mirare, scattare e —fattore spesso sottovalutato— caricare l’arma. Anche al momento del rilascio del colpo corpo e arma devono reagire come un’unità, poichè ciò ha un effetto diretto sul rilevamento dell’arma e, di conseguenza, sulla precisione. A terra le premesse irrinunciabili sono un contatto saldo di spalla e calciolo, che l’arma cada sulla direttrice al bersaglio e che la muscolatura sia rilassata (posizione interna costante). Il metodo più efficace per ottimizzare il rilevamento consiste nel compiere movimenti sempre uguali per imbracciare e nel portare l’arma al centro seguendo sempre lo stesso percorso. Anche il ritmo e la respirazione giocano un ruolo molto importante. Il mirino viene portato esattamente al centro del bersaglio per mezzo del movimento dato dalla respirazione, combinato con piccole correzioni, poi non resta altro che scattare e restare in posizione per la fase di controllo finale. Osservare il rilevamento consente anche di distinguere i propri errori da quelli dovuti all’influsso delle condizioni atmosferiche.

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